Le icone avevano valore in quanto focalizzavano il sentire e la preghiera del popolo, ma – solo se suscitavano stupore e devozione – acquisivano valore.
Folgorata dalla Madonna col Bambino in trono e due committenti di Paolo Veneziano alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, ho iniziato a lavorarci senza sapere ancora bene perché. Mi ispiravano la sua bellezza potente e composta, arcaica e classica allo stesso tempo, lo sguardo diretto che mi commuove perché pare appartenere alla sfera della verità- come rivelazione.


Paolo Veneziano rivisita in chiave occidentale la tipica iconografia bizantina della Madonna Platytera (ovvero “la più ampia”), quella che reca sul proprio corpo un tondo dipinto con l’immagine di Gesù e lo regge con le mani, cosa che invece non accadeva nella pittura bizantina, mentre il suo bellissimo manto avvolge i fedeli in preghiera. Con empatia ho cominciato a lavorarci intorno per concepire, concepita. Mi è stato naturale utilizzare materiali poveri anche di scarto che ben reggevano la sua eleganza compositiva, sostituire alla doratura a bolo delle aureole, la limatura di ferro delle chiavi che simbolicamente aprono porte – o con le carte delle torte (MADONNA 1) che richiamano gli antichi pizzi , o decorare il suo mantello con immagini di carcerati o di modelle presi dai quotidiani( MADONNA3) ancora inserire nel suo ventre i miei figli o il mondo (- il buco nero dell’universo intero, (, MADONNA2)sentendo in quella immagine una continuità con l’arcaica ancestrale divinità femminile. Ne ho fatto tre grandi variazioni e composizioni.
Allo stesso modo mi è stata immediata la scelta e l’attrazione per l’Annunciazione di Simone Martini, ora agli Uffizi. In MADONNA SIMONE la Madonna con un libro in mano si ritrae come ad esprimere una esitazione, una sua ponderazione. A lei ho affiancato nel quadro, donne di epoche diverse ed un’immagine di guerrigliera – come pezze di una unica grande tela.