Lavori su grandi tavole incentrati sul tema del “sacro” – così come per generazioni lo abbiano inteso e rappresentato. Icone tramandate per millenni che ancora hanno un potere di comunicazione universale che l’arte contemporanea potrebbe fare suo. Le ho qui riprese per metterle alla prova rivisitandole con stile e materiali poveri.
Come dunque ci raffiguriamo le divinità? Loro ci guardano dall’alto, lontani (MADONNINA BLU) o comprensivi (PICCOLA SANTA), generosi (CERERE), potenti e onniscienti. Così in ANFIBIA, una Demetra arcaica che vede noi e i nostri cocci – una evidenza di entropia – In mezzo la rana, simbolo della vita primordiale, salta via verso il basso. Così fa anche la CERERE ROSA che ci osserva e porta le scorie di ciò che lei aveva originato a seguito del passaggio umano. Ispirata alla Madame Moitessier di Ingres è certamente iconica: infatti a sua volta è ripresa dall’affresco romano della Basilica di Ercolano (Ercole ritrova il figlio Telefo). Il suo sguardo poi ricorda una Madonna di Paolo Veneziano. E se poi vediamo la divinità corriamo pericolo? CROCE PARMIGIANINA ispirata all’affresco del Parmigianino a Fontanellato mostra Atteone già trasformato in cervo per aver avuto la visione della divinità nuda che cerca invano di farsi riconoscere dai suoi stessi cani.
Nascoste nel A MARE ci sono alcune mie icone – Pina Bausch,Tina Modotti, il volto di madmoiselle Riviere di Ingres ora al Louvre
Condividiamo con la natura l’arcaica potenza della creazione RANACROCE, siamo pervasi da quel misterioso flusso di energia (TRITTICO ROSSO E ORO), e mentre l’umanità prega (PORTAPREGHIERA) rivolta verso l’alto, alla base la sua immagine capovolta, con il ventre colmo di semi, si inoltra nel nero arcaico del generare. Una circolarità tra un supremo invocato e un io – che non possono che coincidere e condensarsi nella sua stessa ombra. A lato un vuoto fuori dal quadro – una uscita, una sospensione del dire ciò che è comunque un po più in là, indicibile.